Meloni e i messaggi distensivi a Berlusconi (ma da adesso niente diktat)- Corriere.it

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di Paola Di Caro

Meloni manda messaggi distensivi all’alleato e chiede che le liti interne non ricadano sul governo

ROMA – Serena e assolutamente «determinata» a formare un governo di alto profilo, senza «rancore, vendette o voglia di rivincita». Il giorno dopo il grande scontro con Berlusconi — il voto mancante di FI a La Russa e il foglietto con le critiche del Cavaliere a lei rivolte, che hanno provocato il suo «non sono ricattabile» — Giorgia Meloni manda messaggi distensivi all’alleato. Ufficiosi, ma chiari, recapitati attraverso i tanti pontieri che stanno ricucendo un rapporto molto deteriorato.

Ma la leader di FdI non vuole esattamente questo: che le relazioni personali — simpatie o antipatie reciproche, o peggio ancora giochi interni ai partiti sempre legati a dinamiche di rapporti fra i singoli — pesino su quella che è una questione tutta politica: come comporre il miglior esecutivo possibile, che sia «in grado di affrontare le tempeste economiche, finanziarie, geopolitiche si prospettano». Se Berlusconi è disponibile a ragionare su questo piano, quello «delle cose da fare e anche delle persone giuste al posto giusto per farlo», lei è «disponibile» a sedersi di nuovo al tavolo con lui per ragionare. Anche concedendo molto all’alleato, come — dicono i suoi — ha fatto «fin dal primo momento». Il problema c’è invece se prevarranno «logiche diverse»: il non riconoscimento sostanziale della sua leadership, l’imposizione di nomi per lei inaccettabili in ruoli ritenuti non consoni (Ronzulli come capo delegazione di FI con ministero pesante), la scelta dei ministri sulla base dei «fedelissimi» dell’ex premier e non delle competenze.

Se i patti sono chiari, Meloni è pronta a incontrare l’alleato a inizio settimana in modo da farsi trovare pronta per quando presumibilmente potrà ricevere l’incarico: forse già il 21 sera, per chiudere con il giuramento già il 23. È quello che, assicurano da FdI, chiedono «un po’ tutti quelli che ci stanno contattando in queste ore» da FI, dove la volontà di far partire il governo è forte e di rompere o fare le barricate pochissima.

Contatti diretti con Berlusconi ieri non ce ne sono stati, ma indiretti sì. E Meloni ha fatto sapere quale può essere il punto di caduta di una trattativa finora faticosissima, a differenza di quella della Lega dove il pragmatismo di Salvini, spiegano, ha fatto la differenza e ha permesso di chiudere un’intesa soddisfacente.

A FI andrebbero 5 ministeri, di cui due «pesanti». Certamente gli Esteri per Tajani, che diventerebbe vice premier come Salvini a meno che «FI davvero non lo accetti…». Più complicata la partita per la Giustizia, che Berlusconi reclama. Meloni vuole affidare il dicastero a Nordio. Se fosse l’unico modo per sbloccare l’impasse forse ne potrebbe discutere, sempre che si proponga un nome accettabile (come Casellati), ma lo spiraglio è davvero minimo. Apertura invece nei confronti di esponenti azzurri come Cattaneo, Pichetto («È preparato e serio, può andare ovunque, dalla Pubblica amministrazione all’Istruzione»), forse anche per Bernini che ha l’handicap di non aver votato per La Russa ma che ha tentato di convincere i suoi a farlo: se Berlusconi ci tenesse, se ne potrebbe parlare. Porte sbarrate invece per Gasparri e Micciché, considerati i più falchi in questa partita, e per Ronzulli vista la piega che ormai ha preso la situazione: «Se non l’avessero fatta diventare un caso, sarebbe stato diverso. Ma ormai…».

Si può insomma tornare a trattare, ma serve la disponibilità di Berlusconi. Altrimenti, dicono in FdI, i problemi sarebbero per Forza Italia che rischierebbe di disgregarsi. Perché Meloni non cambia idea: o si fa il governo che le permette di affrontare le emergenze, o «non si fa». Ognuno faccia i propri conti.

16 ottobre 2022 (modifica il 16 ottobre 2022 | 07:16)



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Paola Di Caro , 2022-10-16 05:17:02 ,

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